Il vibe coding è una tecnica di programmazione assistita dall’intelligenza artificiale, in cui, invece di scrivere manualmente il codice sorgente, lo sviluppatore fornisce brevi descrizioni in linguaggio naturale a un modello linguistico (ad esempio un chatbot basato su un LLM), che genera il codice al suo posto. In pratica, il programmatore passa dal ruolo di autore del codice a quello di “regista” o prompt engineer: guida l’AI descrivendo cosa deve fare il software, verifica i risultati e itera le richieste per correggere errori o migliorarne le funzionalità. Il termine vibe coding è stato introdotto recentemente nell’ambiente informatico per descrivere questa nuova modalità di programmazione “a vibrazioni”, ovvero totalmente guidata dall’intuito e dall’assistenza dell’AI.
Il vibe coding in pratica
Dal punto di vista pratico, fare vibe coding significa interagire in modo iterativo con un assistente AI all’interno di un ambiente di sviluppo (IDE) o di una chat, fornendo istruzioni in linguaggio naturale e lasciando che sia la macchina a generare il codice sorgente corrispondente. Il programmatore assume un ruolo simile a quello di un regista: descrive ad alto livello ciò che l’applicazione deve fare (ad esempio: “mi serve un sito web con un form di login e registrazione utenti”), e l’AI genera una struttura di progetto contenente il codice necessario. A quel punto, l’utente può richiedere perfezionamenti o modifiche, accettando eventualmente le soluzioni suggerite dall’AI.
In caso di errori o malfunzionamenti, anziché eseguire personalmente un debug dettagliato, il vibe coder copia e incolla il messaggio di errore nel prompt e chiede al modello di risolverlo. Lo sviluppo procede quindi per tentativi successivi, guidati dall’AI: se il codice generato non produce esattamente il risultato desiderato, si forniscono nuove istruzioni o correzioni in linguaggio naturale, finché l’output non è aderente alle aspettative dello sviluppatore (umano).
Questo approccio cambia fortemente l’idea tradizionale della programmazione come attività scientifica e manuale. Nel vibe coding, infatti, l’attenzione si sposta dalla scrittura del codice all’ideazione e alla validazione: la parte “meccanica” (scrivere sintassi, implementare algoritmi noti) viene delegata all’AI, mentre lo sviluppatore si concentra sul cosa fare e sul verificare che il come, generato automaticamente, sia accettabile.
Il vibe coding può essere paragonato a una forma di pair programming, in cui il “collega” con cui si programma in coppia è l’AI stessa. L’intelligenza artificiale partecipa attivamente alla scrittura del codice, proponendo soluzioni, e il ruolo umano assomiglia (o dovrebbe assomigliare) a quello di un senior developer che supervisiona e guida il processo.
Vantaggi e potenziale applicativo
Il concetto di vibe coding è stato accolto da alcuni con entusiamo perché promette di rendere più accessibile la programmazione e di accelerare lo sviluppo di nuove idee (è un pò come il padel per chi vorrebbe giocare a tennis senza aver preso mai lezioni… : – D).
Limiti
Non mancano però i punti deboli e i rischi associati al vibe coding. Qui di seguito sono elencate le principali criticità emerse nei dibattiti:
- Perdita di comprensione del codice: affidarsi all’AI per generare intere porzioni di programma senza rivederle può lasciare gli sviluppatori con una conoscenza superficiale o nulla di come funzioni realmente il proprio software. Se una funzionalità è stata scritta quasi interamente dall’AI e integrata con minima supervisione, lo sviluppatore potrebbe faticare a correggerla o modificarla in futuro perché non ne comprende in pieno il codice – un problema serio in termini di manutenzione.
- Qualità del codice e debugging: accettare acriticamente tutto il codice generato dall’AI può portare a introdurre bug, errori sottili o soluzioni non ottima senza accorgersene.
- Illusione di semplicità : far scrivere buon software a un’AI “è un esercizio intellettuale non banale” che richiede grande impegno e conoscenze da parte dello sviluppatore umano. Non si tratta affatto di mettere il “pilota automatico”, al contrario, il programmatore deve mantenere alta concentrazione per guidare continuamente lo sviluppo dell’architettura del modello.
Il vibe coding nella didattica
L’introduzione del vibe coding nel panorama della didattica dell’informatica apre scenari inediti e al tempo stesso delicati. Si tratta di un cambiamento di prospettiva che non investe soltanto il modo in cui si scrive codice, ma anche il modo in cui si apprende, si progetta e si struttura il pensiero computazionale.
Il vibe coding, basato sull’interazione in linguaggio naturale con strumenti di intelligenza artificiale generativa, abbassa significativamente la soglia d’accesso alla programmazione. Studenti che normalmente si scoraggiano di fronte alla rigidità sintattica dei linguaggi tradizionali possono finalmente provare la soddisfazione di vedere le proprie idee trasformarsi in applicazioni funzionanti. In questo senso, la tecnologia non solo semplifica il processo, ma contribuisce a colmare il divario tra pensiero creativo e realizzazione tecnica.
Un ulteriore elemento di rilievo è il potenziale creativo. Con il vibe coding, gli studenti possono osare di più, sbagliare più velocemente e riprovare senza la frustrazione generata dagli errori sintattici più banali. Si crea così un ambiente favorevole alla sperimentazione continua. In ambito didattico, ciò significa poter progettare laboratori più liberi, nei quali gli allievi esplorano soluzioni originali, chiedono all’intelligenza artificiale di adattare il codice a nuove esigenze e imparano a dialogare con uno strumento che, più che eseguire comandi, è in grado di interpretarli.
Tuttavia, sarebbe ingenuo pensare che basti introdurre il vibe coding in aula per ottenere automaticamente risultati efficaci. Il rischio più evidente è che gli studenti si limitino a copiare e incollare codice generato dall’AI, senza comprenderne il funzionamento, scambiando l’efficienza per apprendimento. In questo scenario, il ruolo del docente diventa ancor più centrale: non più semplice trasmettitore di conoscenze, ma guida capace di orientare gli studenti tra immediatezza e profondità, tra funzionalità e consapevolezza. Occorre insegnare non solo come utilizzare l’intelligenza artificiale per programmare, ma soprattutto quando fidarsi, come verificare i risultati, perché una soluzione funziona e cosa può accadere in caso di errore.
Rimane quindi fondamentale che gli studenti acquisiscano solide basi nella programmazione, affinché possano ricoprire consapevolmente il ruolo di senior nel rapporto collaborativo con l’agente di AI che li assiste nella generazione del codice.
Il vibe coding, in definitiva, può rappresentare un’occasione straordinaria per ripensare la didattica dell’informatica. Può introdurre in aula un nuovo paradigma, in cui progettualità, linguaggio naturale e creatività diventano le nuove coordinate dell’apprendimento. Ma, come ogni strumento potente, richiede metodo, spirito critico e una solida cornice pedagogica. Non sostituisce la comprensione: ne rende semmai ancora più urgente lo sviluppo.
Riferimenti:
- Andrej Karpathy, “There’s a new kind of coding I call vibe coding…”, X.com (post del 2 febbraio 2025)
- Benj Edwards, “Will the future of software development run on vibes?”, Ars Technica, 5 marzo 2025 web.archive.orgweb.archive.org.
- Kevin Roose, “Not a Coder? With A.I., Just Having an Idea Can Be Enough”, New York Times, 27 febbraio 2025 it.wikipedia.org.
- Hasan Chowdhury, Jyoti Mann, “Silicon Valley’s next act: bringing ‘vibe coding’ to the world”, Business Insider, 13 febbraio 2025 it.wikipedia.org.
- Comunicazione “Con l’intelligenza artificiale diventeremo tutti programmatori?”, Il Post, 24 marzo 2025 it.wikipedia.org.
- Dany Kitishian, “Vibe Coding: Karpathy’s Viral Term, Ng’s Reality Check…”, Klover.ai Blog, 11 giugno 2025 klover.aiklover.aiklover.aiklover.ai.
- Simon Willison, “Not all AI-assisted programming is vibe coding (but vibe coding rocks)”, blog personale, 19 marzo 2025 simonwillison.netsimonwillison.netsimonwillison.net.
- John Delaney, “Catching the Vibe of Vibe Coding”, Communications of the ACM, 6 maggio 2025 cacm.acm.orgcacm.acm.org.
- Ranjan Sapkota et al., “Vibe Coding vs. Agentic Coding: Fundamentals and Practical Implications of Agentic AI”, arXiv:2505.19443 [cs.SE], 26 May 2025 arxiv.org